Dario Tironi nasce a Bergamo nel 1980, si diploma in scultura all’Accademia di Brera a Milano nel 2006 con il massimo dei voti.
Le sculture di Dario trasportano un messaggio molto contemporaneo e importante di consapevolezza e speranza per il futuro. Dario prende ispirazione per i suoi lavori dai diversi aspetti della vita quotidiana, utilizzando principalmente componenti in plastica, ma anche altri elementi “sprecati”, per ricostruire perfettamente i suoi corpi umani.
Utilizzando tutti questi oggetti, vuole denunciare i contrasti nella società contemporanea, che ora ha incorporato la logica del consumismo, generando quantità incredibili di rifiuti e inquinamento, ma anche dividendo la società globale in disuguaglianze che la sua stessa economia genera.
Dario Tironi utilizza per lo più oggetti quotidiani come accessori, attrezzature tecnologiche, giocattoli e bambole, elettrodomestici e bigiotteria, gadget di ogni tipo e prodotti di massa che descrivono la nostra identità culturale, i nostri gusti estetici, ma anche i nostri futili desideri e bisogni opzionali.
Ha vinto numerosi premi artistici internazionali e sta diventando sempre più un artista italiano affermato e di talento.
L’UOMO CHE CAMMINA
2023 acciaio, assemblaggio di oggetti, vernice cm 70x250x100
L’opera fa parte del progetto “Things” nato con l’intenzione di utilizzare come materia prima i pro- dotti di scarto della cittadinanza direttamente reperiti dalle piattaforme ecologiche oppure trovati dall’artista. In questa materia, resa duttile e malleabile attraverso un processo di assemblaggio ad incastro, possiamo trovare una moltitudine di oggetti, soprammobili, giocattoli, dispositivi e spaz- zatura tecnologica in generale. Lo sviluppo nella tecnologia di lavorazione dei derivati dei combu- stibili fossili unitamente al diffondersi a livello globale del modello consumista hanno determinato nella storia recente un incremento vertiginoso della produzione di beni di consumo di massa e di breve durata e una predilezione per le materie plastiche non biodegradabili.
Oggi i volumi di beni prodotti ogni giorno vanno ad incrementare ciò che è stata definita la Tecnosfera, l’insieme dei prodotti umani che ricoprono il pianeta e costituiscono una delle forme di inquinamento peggiori a cui l’umanità dovrà porre rimedio. Pensiamo per esempio alle microplastiche. Tutti i materiali di scarto qualunque essi siano andranno a confluire nel suolo, nell’acqua, nell’atmosfera o assorbiti dalle forme di vita dal momento che nessuna materia può essere distrutta ma solo trasformata. Le plastiche derivano dal petrolio che a sua volta deriva dalla sedimentazione di materiale organico. Questa serie di opere vuole farci riflettere su tale trasformazione che interessa l’uomo attraverso l’insinuarsi di elementi dannosi che modificano la nostra esistenza non solo a livello biologico ma anche socio-culturale e psicologico (definibile come inquinamento mentale). In una società fondata sull’avere più che l’essere e afflitta da una sorta di bulimia di beni di consumo, gli oggetti, persa la loro funzione puramente utilitaristica, prendono parte al processo di auto- identificazione (status-symbol) e diventano uno specchio della società stessa, con i suoi gusti, abitudini e le sue patologie: la voracità, l’opulenza, la superficialità, il materialismo, la distruzione dell’ambiente. Come un confuso mosaico tridimensionale le opere sono concepite per esse- re un ritratto antropologico della società in cui ogni ogni tassello descrive un prodotto della nostra attività, tecno- fossili, resti dall’obsolescenza programmata, appena prodotti ma già superati, desueti, non più appetibili o alla moda, in un sistema coercitivo e standardizzato fatto di produzione, commercio e consumo. Parimenti ad altre problematiche anche il problema dello smaltimento sembra non interessarci più dal momento che, nella quotidianità, una volta tolti i rifiuti dalla nostra vista essi sembrano smettere di esistere. Nell’intento di questo progetto c’e la volontà di rendere di nuovo visibili questi materiali portandoli in un contesto museale in quanto luogo dove contemplare i prodotti della nostra cultura. L’estetica delle sculture determinata dalla moltitudine di elementi e dai colori pop riflette un contesto dominato dall’invasività mediatica e dal bombardamento visito della pubblicità dove la complessità, la precarietà e la frammentazione rendono difficile ridefinire
la propria dimensione. L’utilizzo della figurazione e il rimando alla statuaria classica rimandano alla volontà di ricostruzione di una forma compiuta e unitaria ma anche ironicamente celebrativa, non come ricerca del bello ma come formazione di una realtà organica dotata di senso, apparente- mente armonica, che riflette la speranza di una rinascita dalle rovine del presente.